Scritto da una viaggiatrice.
Viviamo nell’epoca in cui viaggiare è diventato sinonimo di spostarsi veloce.
Un’ossessione per il numero di città visitate, per le foto scattate e mai guardate davvero.
Ma la verità?
Non basta vedere un posto.
Bisogna viverlo.
Respirarlo.
Perdersi.
Fermarsi.
E in Italia, più che altrove, questa è l’unica vera chiave per capire davvero dove siamo.
Viaggiare lento è una scelta (coraggiosa)
Restare in un posto non è pigrizia.
È dire “no” a un’idea di viaggio che ci vuole consumatori compulsivi di esperienze veloci.
È scegliere di vivere un borgo per più di un’ora.
Di conoscere chi ci vive.
Di ascoltare storie vere, non guide turistiche.
Perché l’Italia non è solo le città più famose.
fatta di silenzi, di vie secondarie, di mattinate lente in un bar di paese.
È una signora che ti racconta che qui, cent’anni fa, si raccoglieva il grano a mano.
Meno posti, più profondità
“Quante città hai visto?”
È diventata la domanda standard.
Ma forse sarebbe meglio chiedere:
“Di quale città ti sei innamorato?”
“Quale posto ti ha cambiato?”
Ecco il punto: meno posti. Più profondità.
Scegliere un solo paese invece di dieci.
Restare.
Annoiarsi perfino, forse.
Perché è lì che succede la magia: quando smetti di correre e cominci a sentire.
La sfida di rallentare
Non è facile.
Il mondo ci spinge a essere efficienti anche in vacanza.
A fare liste.
A controllare tutto.
Viaggiare lento richiede coraggio.
Richiede la forza di lasciare spazio al caso, all’imprevisto.
Di non avere sempre un piano.
Di vivere con presenza.
Ed è proprio questo che ti fa tornare a casa diverso.
Non i timbri sul passaporto.
Non le foto su Instagram.
Viaggiare in Italia non dovrebbe essere una corsa a collezionare città.
Dovrebbe essere un modo di respirare più forte.
Di sentirsi parte, anche solo per un momento, di qualcosa di più grande di noi.
Non basta vedere.
Bisogna restare.
E forse, se impariamo a restare nei luoghi… impareremo anche a restare un po’ di più dentro noi stessi.
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