La Procura di Milano ha aperto un’importante inchiesta penale che vede direttamente coinvolto il gruppo del lusso Tod’s e tre dei suoi manager di alto livello. L’accusa è di sfruttamento lavorativo in alcuni laboratori e officine in subfornitura che producevano articoli per il brand . Questo procedimento segna un punto di svolta cruciale nella lotta alle irregolarità della filiera moda italiana: è la prima volta che i magistrati non si limitano a indagare i terzisti e gli intermediari, ma chiamano in causa direttamente un grande marchio del lusso, stabilendo un nuovo precedente sulla responsabilità delle maison per l’intera catena di fornitura.
Secondo il quadro accusatorio, il gruppo Tod’s avrebbe deliberatamente ignorato per anni le gravi criticità emerse dagli audit esterni condotti sui laboratori. Queste ispezioni avrebbero evidenziato condizioni di lavoro irregolari, turni di lavoro eccessivamente lunghi e il pagamento di retribuzioni insufficienti rispetto alla qualità e alla natura degli articoli prodotti, portando a costi insostenibili per le officine coinvolte. Come misura preventiva e sanzionatoria, i magistrati hanno chiesto al giudice di applicare anche un divieto di pubblicizzare per sei mesi i prodotti realizzati negli stabilimenti oggetto dell’indagine. L’azienda, che ha già ricevuto la notifica, ha fissato un’udienza chiave il 3 dicembre per presentare la sua difesa e contestare le accuse.Oltre alle immediate conseguenze legali, l’inchiesta apre un fronte estremamente delicato sulla credibilità del marchio “Made in Italy”. Il caso solleva interrogativi fondamentali sulla trasparenza e l’etica lungo la supply chain del lusso italiano, in un momento in cui i buyer e i consumatori internazionali sono sempre più sensibili ai temi dei diritti dei lavoratori e della sostenibilità sociale. Il rischio è che queste ombre gettino una luce negativa sull’intero sistema moda, minando la reputazione globale guadagnata con decenni di eccellenza.





