Nonostante la narrazione dominante dipinga l’Italia come un “deserto” per l’innovazione finanziaria a causa di banche restie, burocrazia e regolamentazioni lente, uno sguardo più attento rivela che l’ecosistema fintech italiano è tutt’altro che morto. Sebbene Milano possa sembrare meno frenetica rispetto a Londra, capitale europea del settore, i semi di un nuovo e resiliente ecosistema sono stati piantati e stanno già producendo aziende di grande rilievo.
Per decenni, il settore finanziario italiano è stato dominato da grandi istituti bancari, costringendo i founder fintech a scegliere tra il lento superamento degli ostacoli normativi o l’operare in white-label dietro gli incumbent. Questo scenario, unito a una cultura che privilegiava il “permesso prima, l’innovazione dopo”, ha causato una significativa fuga di cervelli verso mercati più dinamici come Londra e Berlino, e ha reso gli investitori locali cauti verso un settore percepito come rischioso e pieno di complessità normative.
Eppure, il “deserto nasconde oasi”. Negli ultimi anni, le startup fintech italiane hanno raccolto centinaia di milioni di euro. Scalapay ha raggiunto lo status di unicorno BNPL (Buy Now, Pay Later) con oltre 700 milioni di dollari, mentre Satispay ha raccolto 320 milioni di euro, affermandosi tra i maggiori network di pagamento indipendenti in Europa. A questi si aggiungono realtà che sfidano apertamente la narrativa negativa, come Aidexa (nel lending per PMI) e Moneyfarm, insieme a una nuova ondata di aziende come Smartness, Sibill, Qomodo, Tundr, Homepay, Subbyx, Pillar e Tot. Secondo un recente rapporto di Growth Capital (primo semestre 2025), il fintech è risultato essere uno dei verticali principali per capitale investito, dimostrando che l’ecosistema è lontano dall’essere prosciugato.
L’Italia sta fiorendo in ritardo, ma a modo suo. Una nuova generazione di founder, spesso formata in contesti internazionali o in grandi aziende prima di mettersi in proprio, è più forte e preparata. Sebbene le valuation siano ancora inferiori del 20-30% rispetto al Nord Europa, questo offre un’attrattiva unica per gli investitori orientati al medio termine. Il mercato domestico è vasto (60 milioni di persone), vanta una delle più alte densità di terminali POS in Europa, un flusso di pagamenti di 300 miliardi di euro e una rapida adozione di servizi come BNPL e wallet. Anche la regolamentazione sta evolvendo: norme come PSD3 e l’EU Digital Identity Wallet promettono di semplificare l’espansione cross-border.
Il successo non si costruisce velocemente. Le grandi storie fintech richiedono pazienza, disciplina e la capacità di creare valore reale, superando la tentazione delle quick wins e dell’hype. L’ecosistema italiano, dunque, sta maturando secondo i suoi tempi, mostrando segni di creatività e resilienza. Le fondamenta sono state gettate, i talenti stanno tornando e il capitale sta affluendo. Quella che era stata etichettata come una landa desolata si rivela oggi un campo fertile: una fioritura tardiva, ma in pieno germoglio.





